Ettore Maiorana

( 1906 – 1938 ? )

Ettore MaioranaEttore Maiorana nacque a Catania nel 1906. A 22 anni si laureò in fisica.

Fu tra i più promettenti allievi di Enrico Fermi, sotto la guida del quale si occupò di spettroscopia atomica e successivamente di fisica nucleare. I maggiori scienziati dell'epoca ne ammirano le straordinarie qualità speculative.

Solitario, scontroso, riservato, il giovane Maiorana ha le doti per arrivare a risolvere i problemi connessi con l'invenzione dell'atomica.

Le sue più importanti ricerche relative alla fisica nucleare riguardano una teoria sulle forze che assicurano stabilità al nucleo atomico: egli per primo avanzò infatti l'ipotesi secondo la quale protoni e neutroni, unici componenti del nucleo atomico, interagiscono grazie a forze di scambio.

La teoria è tuttavia nota con il nome del fisico tedesco Werner Heisenberg (teoria di Heisenberg) che giunse autonomamente agli stessi risultati e li diede alle stampe prima di Maiorana.

Anche nel campo delle particelle elementari egli formulò una teoria che ipotizzava l'esistenza di particelle dotate di spin arbitrario, individuate sperimentalmente solo molti anni più tardi.

Nominato professore di fisica teorica all'Università di Napoli nel 1937 per meriti speciali (nomina che lo ferì nell'orgoglio, perché aspirava ad una cattedra a Roma), Maiorana scomparve pochi mesi più tardi in circostanze oscure.

Fu visto per l'ultima volta imbarcarsi da Palermo su un battello diretto a Napoli, dopo aver lasciato due lettere nelle quali esprimeva l'intenzione di togliersi la vita; poi non se ne seppe più nulla.

Numerose ipotesi sono state avanzate sulla sua scomparsa e sulla presunta correlazione di questo evento con i drammatici esiti bellici della ricerca nucleare, ma a tutt'oggi nessuna prova certa ha gettato luce sul mistero.

Nel marzo del 1938 Ettore Maiorana si imbarca sul postale Napoli-Palermo. A 32 anni, è il il fisico geniale della generazione di Fermi, con cui ha studiato.  Poi, l'improvvisa scomparsa. I familiari pensano ad una fuga dettata dalla follia, ma a nulla servono le ricerche dei servizi segreti, spronati dallo stesso Mussolini: il corpo non verrà ritrovato.

Maiorana si è davvero ucciso? E' stato rapito? O forse, di fronte alle prospettive d'incubo aperte dalla scoperta dell'atomica nell'Europa di Hitler e Mussolini, ha preferito "scomparire"? Che cosa si nasconde dietro il mistero Maiorana? 

Leggiamo le parole dello stesso Maiorana:

"Sono nato a Catania il 5 agosto 1906. Ho seguito gli studi classici conseguendo la licenza liceale nel 1923; ho poi atteso regolarmente agli studi di ingegneria in Roma fino alla soglia dell'ultimo anno.

Nel 1928, desiderando occuparmi di scienza pura, ho chiesto e ottenuto il passaggio alla facoltà di fisica e nel 1929 mi sono laureato in fisica teorica sotto la direzione di S.E. Enrico Fermi svolgendo la tesi: "La teoria quantistica dei nuclei radioattivi" e ottenendo i pieni voti e la lode.

Negli anni successivi ho frequentato liberamente l'Istituto di Fisica di Roma seguendo il movimento scientifico e attendendo a ricerche teoriche di varia indole.Ininterrottamente mi sono giovato della guida sapiente e animatrice di S.E. il prof. Enrico Fermi."Ettore Maiorana ed Enrico Fermi

Ora quelle di Amaldi...

"Nell'autunno 1927 e all'inizio dell'inverno 1927-28 Emilio Segrè, nel nuovo ambiente che si era formato da pochi mesi attorno a Fermi, parlava frequentemente delle eccezionali qualità di Ettore Maiorana e, contemporaneamente, cercava di convincere Ettore Maiorana a seguire il suo esempio, facendogli notare come gli studi di fisica fossero assai più consoni di quelli di ingegneria alle sue aspirazioni scientifiche e alle sue capacità speculative. Il passaggio a Fisica ebbe luogo al principio del 1928 dopo un colloquio con Fermi, i cui dettagli  possono servire assai bene a tratteggiare alcuni aspetti del carattere di Ettore Maiorana. Egli venne all'Istituto di Fisica di via Panisperna e fu accompagnato nello studio di Fermi ove si trovava anche Rasetti. Fu in quell'occasione che io lo vidi per la prima volta. Da lontano appariva smilzo, con un'andatura timida, quasi incerta; da vicino si notavano i capelli nerissimi, la carnagione scura, le gote lievemente scavate, gli occhi vivacissimi e scintillanti: nell'insieme, l'aspetto di un saraceno....... Fermi lavorava allora al modello statistico che prese in seguito il nome di modello Thomas-Fermi. Il discorso con Maiorana cadde subito sulle ricerche in corso all'Istituto e Fermi espose rapidamente le linee generali del modello e mostrò a Maiorana gli estratti dei suoi recenti lavori sull'argomento e in particolare, la tabella in cui erano raccolti i valori numerici del cosiddetto potenziale universale di Fermi.

Il giorno dopo, nella tarda mattinata, Maiorana si presentò di nuovo all'istituto e chiese di vedere la tabella. Avutala in mano, estrasse dalla tasca un foglietto su cui era scritta una analoga tabella da lui calcolata a casa nelle ultime ventiquattr'ore, trasformando, l'equazione del secondo ordine non lineare di Thomas-Fermi in una equazione di Riccati che poi aveva integrato numericamente....."

... e di Laura Fermi:

"Maiorana aveva continuato a frequentare l'Istituto di Roma e a lavorarvi saltuariamente, nel suo modo peculiare, finché nel 1933 era andato per qualche mese in Germania. Al ritorno non riprese il suo posto nella vita dell'Istituto; anzi, non volle più farsi vedere nemmeno dai vecchi compagni. Sul turbamento del suo carattere dovette certamente influire un fatto tragico che aveva colpito la famiglia Maiorana. Un bimbo in fasce, cugino di Ettore,era morto bruciato nella culla, che aveva preso fuoco inspiegabilmente. Si parlò di delitto. fu accusato uno zio del piccino e di Ettore. Quest'ultimo si assunse la responsabilità di provare l'innocenza dello zio. Con grande risolutezza si occupò personalmente del processo, trattò con gli avvocati, curò i particolari. Lo zio fu assolto; ma lo sforzo, la preoccupazione continua,le emozioni del processo non potevano non lasciare effetti duraturi in una persona sensitiva quale era Ettore."

Continua Ettore Maiorana, in una lettera alla madre, dopo l'arrivo a Lipsia il 20 gennaio 1933:

"All'istituto di Fisica mi hanno accolto molto cordialmente. Ho avuto una lunga conversazione con Heisenberg che è persona straordinariamente cortese e simpatica."

E in una lettera al padre il 18 febbraio:

"Ho scritto un articolo sulla struttura dei nuclei che a Heisenberg è piaciuto molto benché contenesse alcune correzioni a una sua teoria."

Ed ecco come spiega alla madre la "rivoluzione" nazista:

"Lipsia, che era in maggioranza socialdemocratica, ha accettato la rivoluzione senza sforzo. Cortei nazionalisti percorrono frequentemente le vie centrali e periferiche, in silenzio, ma con aspetto sufficientemente marziale. Rare le uniformi brune mentre campeggia ovunque la croce uncinata. La persecuzione ebraica riempie di allegrezza la maggioranza ariana. Il numero di coloro che troveranno posto nell'amministrazione pubblica e in molte private, in seguito alla espulsione degli ebrei, è rilevantissimo; e questo spiega la popolarità della lotta antisemita. A Berlino oltre il cinquanta per cento dei procuratori erano israeliti. Di essi un terzo sono stati eliminati; gli altri rimangono perché erano in carica nel '14 e hanno fatto la guerra. Negli ambienti universitari l'epurazione sarà completa entro il mese di ottobre. Il nazionalismo tedesco consiste in gran parte nell'orgoglio di razza..... In realtà non solo gli ebrei, ma anche i comunisti e in genere gli avversari del regime vengono in gran numero eliminati dalla vita sociale. Nel complesso l'opera del governo risponde a una necessità storica: far posto alla nuova generazione che rischia di essere soffocata dalla stasi economica."

Quindi la sera del 25 marzo 1938 Ettore Maiorana partiva col "postale" Napoli-Palermo, alle 22.30. Aveva impostato una lettera per Carrelli, direttore dell'Istituto di Fisica, e ne aveva lasciato una in albergo indirizzata ai familiari.

Ecco quella a Carrelli:

"Caro Carrelli, Ho preso una decisione che era ormai inevitabile.

Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi. Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo."

Ecco ora cosa scrisse ai familiari:

"Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all'uso, portate pure, ma per non più due tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi."

Carrelli non aveva ancora ricevuto la lettera quando un telegramma urgente di Maiorana, da Palermo, lo pregava di non tenerne conto. Ebbe poi la lettera e telefonò ai Maiorana. Gli arrivò poi un'altra lettera di Ettore, da Palermo:

"Caro Carrelli, spero ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all'albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all'insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli."

Ed infine come conclude Sciascia sul caso della scomparsa di Ettore Maiorana:

"....Secondo gli accertamenti della polizia, la sera dello stesso giorno, alle sette, Maiorana si imbarcò sul postale per Napoli; e a Napoli sbarcò l'indomani, alle 5.45. Ma noi abbiamo qualche dubbio: e non nell'ipotesi che si sia gettato in mare nel viaggio di ritorno, ma nell'ipotesi che non sia salito sul piroscafo la sera del 26, a Palermo."

Maiorana anticipa Heisenberg

Non uno di coloro che lo conobbero e gli furono vicini, e poi ne scrissero e ne parlarono, lo ricorda altrimenti che strano. E lo era veramente: strano, estraneo. E soprattutto all'ambiente di via Panisperna. Dice Laura Fermi nel suo Atomi di famiglia: Maiorana aveva un carattere strano: era eccessivamente timido e chiuso in sé. La mattina, nell'andare in tram all'Istituto, si metteva a pensare con la fronte accigliata. Gli veniva in mente una idea nuova, o la soluzione di un problema difficile, o la spiegazione di certi risultati sperimentali che erano sembrati incomprensibili: si frugava le tasche, ne estraeva una matita e un pacchetto di sigarette su cui scarabocchiava formule complicate. Sceso dal tram se ne andava tutto assorto, col capo chino e un gran ciuffo di capelli neri e scarruffati spioventi sugli occhi. Arrivato all'Istituto cercava di Fermi o di Rasetti e, pacchetto di sigarette alla mano, spiegava la sua idea. Ma appena gli altri approvavano, se ne entusiasmavano, lo esortavano a pubblicare, Maiorana si richiudeva, farfugliava che era roba da bambini e che non valeva la pena discorrerne: e appena fumata l'ultima sigaretta, buttava il pacchetto, i calcoli e le teorie nel cestino. Così finì, pensata e calcolata prima che Heisenberg la pubblicasse, la teoria, che da Werner Heisenberg prese il nome, del nucleo atomico costituito da protoni e neutroni. E Maiorana non solo, quando la teoria di Heisenberg viene accettata e celebrata, non condivide il rammarico degli altri fisici dell'Istituto romano per non averla lui tempestivamente pubblicata, ma concepisce nei riguardi del fisico tedesco un sentimento di ammirazione (e in ciò concorre la coscienza di sé) e di gratitudine (e in ciò concorre la sua paura). Heisenberg gli è come un amico sconosciuto: uno che senza saperlo, senza conoscerlo, l'ha come salvato da un pericolo, gli ha come evitato un sacrificio. Questa è la ragione per cui facilmente cede alle sollecitazioni di Fermi: e va in Germania, a Lipsia. Da Heisenberg (L. Sciascia, ibidem).

Maiorana, genio immaturo

(Da "Il caso Maiorana - Epistolario, documenti, testimonianze" di Erasmo Recami - Di Renzo Editore - 2000)

"Non allarmarti. Segue lettera. Maiorana".

Questo inquietante telegramma proveniente da Palermo fu ricevuto la mattina del 26 marzo 1938 da Antonio Carrelli, direttore dell'Istituto di fisica dell'Università di Napoli. Il mittente era il giovane professore di fisica teorica Ettore Maiorana. Poco dopo l'arrivo del telegramma, infatti, Carrelli riceveva una lettera da Napoli in cui Maiorana affermava di aver "preso una decisione che era ormai inevitabile" e chiedeva di perdonarlo per la sua "improvvisa scomparsa". Un biglietto per la famiglia, rimasto a Napoli nell'albergo dove Maiorana alloggiava, conteneva un più esplicito riferimento alla morte. Il giorno dopo (il 27 marzo) Carrelli riceveva una seconda lettera da Palermo in cui Maiorana confermava che non era accaduto nulla: "Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all'albergo Bologna". Non se ne seppe più nulla.

Recami ricostruisce il caso Maiorana arricchendolo con informazioni sulla sua facoltosa famiglia e sui suoi straordinari risultati scientifici. In più, all'epoca della prima edizione, il libro presentava almeno due novità importanti rispetto alle altre biografie di Maiorana esistenti: l'approfondimento della cosiddetta “pista argentina” e la pubblicazione del suo epistolario.

Ettore Maiorana aveva manifestato fin dall'infanzia grande abilità matematica, quando veniva 'mostrato' a parenti e amici come un bambino prodigio. Divenne poi un ragazzo a suo modo allegro, generoso, capace delle esperienze spericolate tipiche di tutti i giovani. Dotato di un raffinato senso dell'umorismo e dell'ironia, acuto nelle osservazioni e nei discorsi di cultura generale, ferratissimo anche in letteratura e filosofia (amava particolarmente Pirandello), al di fuori dell'ambiente di studio Maiorana era ben inserito nella sua compagnia e aveva un rapporto abbastanza normale con la famiglia. Quando invece era nel suo mondo, alle prese con le equazioni e le teorie della fisica, Ettore mostrava i lati contraddittori della sua personalità indecifrabile. Ne sono esempi tipici il suo rapporto con Fermi e con la scienza ufficiale.

Maiorana e Fermi: due geni diversi

Fin dal primo giorno in istituto Maiorana contrappose la sua mente rigorosa, 'pura', tipica del matematico o del fisico teorico al genio di Fermi, più 'semplice' e fenomenologico. Doveva fare un certo effetto assistere alle gare di calcolo tra questi due scienziati: Fermi col suo inseparabile regolo intento a riempire lavagne di formule, Ettore voltato verso il muro lo sfidava con un foglietto e una penna. Fermi invece non si sentiva affatto in competizione, anzi, contravvenendo alla severità di giudizio che lo contraddistingueva, considerava Maiorana superiore a se stesso. Una volta, dopo averlo definito un genio "come Galileo e Newton", Fermi aggiunse: "Maiorana aveva quello che nessun altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini, il semplice buon senso".

Maiorana e la fisica

Recami sembra condividere l'espressione di Sciascia secondo cui Ettore "portava" la scienza. A volte forse come un peso, altre volte invece con una naturalezza sfrontata. Questa spavalderia contrastava nettamente con la sua proverbiale modestia e con la riluttanza a pubblicare le sue idee lungimiranti. In quei casi Maiorana diventava eccessivamente autocritico, quasi timoroso. C'è un esempio emblematico di questo atteggiamento: Maiorana aveva intuito alcuni aspetti della natura del nucleo atomico, ma non aveva ascoltato i consigli di Fermi che lo aveva invitato a scrivere un articolo. Si decise solo dopo le insistenze di Werner Heisenberg, che intanto aveva pubblicato una teoria nucleare analoga. Fermi avrebbe voluto parlarne a un convegno, ma Maiorana disse che avrebbe acconsentito solo a patto di non essere citato e di attribuire le sue idee a un altro! Naturalmente Fermi non accettò.

All'istituto Ettore trascorreva molto tempo in biblioteca, preferendo il lavoro solitario allo spirito di gruppo che rese celebri i giovani scienziati che attorniavano Fermi, detti “i ragazzi di via Panisperna”. Fu l'unico a non lavorare in collaborazione diretta con Fermi, pur essendo il solo in grado di interagirvi alla pari. Nella sua breve carriera scientifica Maiorana pubblicò dieci articoli, tutti di altissima classe. Dalle sue lezioni all'Università di Napoli emerge una visione della meccanica quantistica estremamente moderna, anche dal punto di vista didattico.

Dopo la scomparsa

Maiorana aveva lavorato alle sue lezioni con grande impegno fino all'ultimo. Solo due mesi prima di sparire si dichiarava gratificato per quella cattedra (ottenuta fuori concorso "per l'alta fama di singolare perizia", con Fermi in commissione) ed era anche soddisfatto di alcuni studenti, che gli sembravano "risoluti a prendere la fisica sul serio". Dubbi più rilevanti sulla sua fine li desta il prelievo degli stipendi arretrati per una somma di circa 10 mila dollari di oggi. Molte le voci che hanno contribuito ad alimentare il suo caso: Maiorana avrebbe chiesto ospitalità in convento, forse la Certosa di Serra San Bruno in Calabria; sarebbe stato visto a Catania; sarebbe emigrato in Argentina. Quest'ultima pista, che presenta elementi interessanti e abbastanza credibili, viene ricostruita nei dettagli fino all'ipotesi di coinvolgimento nelle vicende dei desaparecidos.

È interessante notare come neanche in quelle tragiche lettere da Palermo in cui decideva della sua sorte, Maiorana rinunciò ad affiancare il suo dramma ("il mare mi ha rifiutato") al suo stile ironico ("non mi prendere per una ragazza ibsenianaperché il caso è differente"). Visto il personaggio, non c'è motivo di credere che il suo caso si risolverà facilmente, né che sia giusto farlo. Piuttosto sarebbe un grande e meritato tributo riportare alla luce, se ancora esistono, le carte che Maiorana affidò alla sua studentessa Gilda Senatore prima di prendere la sua decisione e che forse contenevano gli studi che stava portando avanti in completo isolamento. Quanto alle ragioni del suo malessere interiore, potremmo aiutarci con le parole che lo stesso Ettore scrisse a un amico in tempi non sospetti, col suo solito stile semiserio: "Né devi credere che sia impossibile che mi venga un accidente nel fiore dell'età; al contrario, abbilo per molto verosimile. Infatti io sono stato fin dalla nascita un genio ostinatamente immaturo".

L'istituto